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Curiosità

Alzheimer, i segnali della malattia quasi 20 anni prima del suo arrivo: quali sono i sintomi da tenere d’occhio

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Claudia Perseli

L’Alzheimer si sviluppa in modo molto lento. I sintomi possono essere individuati fino a 18 anni prima della sua diagnosi conclamata.

La medicina ha fatto passi da giganti. Nell’ultimo decennio, i ricercatori hanno scoperto fattori essenziali per la cura di diverse malattie. Le terapie, di conseguenza, sono migliorate e anche l’aspettativa di vita si è allungata di molto. Purtroppo, non tutte le patologie possono essere debellate. Quelle degenerative, in particolare, fanno ancora molta paura. L’Alzheimer è una di queste.

I sintomi precoci dell’Alzheimer – 4minuti.it

Solitamente, colpisce le persone anziane. I primi sintomi possono facilmente passare inosservati. Si tratta di piccole avvisaglie, spesso ignorate dai pazienti e dai loro famigliari. Stando ad una recente ricerca, però, alcuni segnali sarebbero presenti 18 anni prima della diagnosi conclamata. Ecco a cosa bisogna fare attenzione.

I sintomi precoci dell’Alzheimer: si possono presentare fino a 18 anni prima

L’Alzheimer è una malattia degenerativa che colpisce il cervello. Altera gradualmente le funzioni del sistema cognitivo, fino a compromettere diversi aspetti. La memoria, per esempio, diventa sempre meno affidabile. Le persone affette da tale condizione, con il passare del tempo, rischiano di non riuscire più a riconoscere il volto dei famigliari. Ciò, ovviamente, non avviene all’improvviso. La perdita delle cellule nervose è costante e degenerativa. Inoltre, anche la soggettività ha una certa importanza.

I sintomi dell’Alzheimer possono comparire fino a 18 prima – 4minuti.it

Di recente, è stato condotto uno studio molto importante. Le informazioni raccolte possono essere reperite sul The New England Journal of Medicine. Sembra che le prime alterazioni possano presentarsi molto tempo prima rispetto alla diagnosi ufficiale. Si parla di una stima temporale tra i 14 e i 18 anni. Il segnale iniziale consiste nell’accumulo della proteina beta-amiloide nel liquido cerebrospinale, con la successiva modifica della proteina tau fosforilata.

Dopo tali eventi, avviene la compromissione dei neuroni e l’atrofia dell’ippocampo. Inoltre, anche la genetica ha un ruolo predominante. Al momento, non si può fare niente per eliminare l’Alzheimer. I pazienti non possono ancora guarire definitivamente. Nonostante questo, esistono delle terapie in grado di rallentare significativamente il progredire della malattia. Per questo motivo, la diagnosi precoce potrebbe davvero fare la differenza.

Se si interviene prima dello sviluppo del danno, i pazienti potranno continuare a usufruire di tutte le loro risorse cognitive. La speranza è che, grazie a tali conoscenze, si possano individuare farmaci ancora più efficaci. In caso di dubbi, gli esperti consigliano di rivolgersi subito al proprio medico di fiducia. Non bisogna aspettare perché si rischia di perdere tempo prezioso. I neuroni non sono in grado di rigenerarsi e, quindi, quelli compromessi non possono tornare a funzionare correttamente.

Claudia Perseli

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