La strategia adottata da Netflix per proteggere le entrate si è rivelata un vero scacco matto: un’altra piattaforma segue il suo esempio.
L’avvento delle piattaforme streaming – volte alla visualizzazione di serie tv e film – ha rappresentato un punto di svolta non indifferente nel campo dello show business. Registi, autori e produttori cinematografici, resosi conto del loro potenziale attrattivo, hanno deciso di investire nella realizzazione di format pensati appositamente per la diffusione on-demand.
Alla modica cifra di 8 euro circa al mese, l’utente ottiene automaticamente un’offerta particolarmente variegata. Dalle opere d’autore, ai documentari, fino ad arrivare alle fiction inedite e non solo. Peccato che, a pochi anni dal grande debutto, i vertici aziendali si resero conto che qualcosa non tornava riguardo gli introiti annuali. Gli iscritti, di fatto, avevano studiato un escamotage tutt’altro che corretto nei confronti della società.
Un solo utente paga l’abbonamento, per poi concedere credenziali e password ad una decina di famiglie, amici e parenti. La tendenza degli iscritti di “violare” l’etica del contratto con la piattaforma – ingannando fondamentalmente l’azienda – ha implicato l’ideazione di una “controffensiva”. Una pratica necessaria per proteggere le entrate e, quindi, per controllare opportunamente gli abbonati.
Netflix ha così applicato un algoritmo per cui l’account debba essere associato ad un’unica rete Wi-Fi. A quel punto, qualsiasi collegamento esterno alla connessione domestica è stato automaticamente scollegato, senza che si presentasse la possibilità di accedervi nuovamente. Questa strategia ha limitato l’utilizzo improprio delle credenziali, costringendo gli utenti ad iscriversi e pagare a loro volta l’abbonamento previsto dal contratto.
Uno scacco matto ai danni degli iscritti. Una mossa che ha consentito a Netflix di riequilibrare il rapporto azienda-abbonato. Considerando il successo della strategia adottata dalla piattaforma, altre società hanno deciso di sperimentare la medesima “controffensiva”. È il caso, questo, di Hulu – applicazione streaming on-demand lanciata negli Stati Uniti nel 2007 e di gestione Disney Entertainment. In poche parole un facsimile di Netlifx, pensato per la visualizzazione di film e serie tv.
In occasione del rinnovo dell’abbonamento, dunque, i vertici di Hulu applicheranno una politica che limiterà la condivisione degli account. In questo modo verranno soddisfatte le esigenze degli utenti – con la pubblicazione periodica di nuovi prodotti ed una maggiore efficienza di servizio – ma, al contempo, verranno protette le entrate dovute alla società. Laddove, anche in tal caso, la strategia dovesse rivelarsi vantaggiosa, è possibile che altre aziende di streaming decidano di seguire l’esempio tanto di Netflix, quanto di Hulu.
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